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MEMINI ME RICORDAMI

Il femminicidio di Alessandra Matteuzzi a Bologna

Alessandra Matteuzzi, 56 anni, veniva uccisa la sera del 23 agosto 2022 alla periferia di Bologna.

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Alessandra Matteuzzi

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A compiere il delitto, l'ex compagno della vittima, Giovanni Padovani, 27 anni.‍

Padovani,calciatore ed ex modello originario di Senigallia in provincia di Ancona, giocava per la Sancataldese, un club siciliano in provincia di Caltanissetta. Alessandra Matteuzzi invece era impiegata nel settore della moda. I due avevano avuto una breve frequentazione a distanza. Nei periodi di pausa calcistica lui saliva dalla Sicilia per andarla a trovare a Bologna. Lei però, a un certo punto, aveva deciso di interrompere la relazione. Il giovane, non accettando la decisione della donna, aveva cominciato a tormentarla con continue chiamate, messaggi e appostamenti. Una situazione divenuta insostenibile e che aveva portato la vittima a denunciarlo per stalking poche settimane prima del delitto. Padovani intorno alle ore 19.00 del 23 agosto si era appostato sotto l'abitazione della vittima. Con sé aveva portato un martello. Aveva atteso sul posto per circa due ore, aspettando il rientro a casa della donna. All'incontro sarebbe scoppiata l’ennesima lite, con la vittima che invitava il giovane ad allontanarsi. Il ragazzo però l’aggrediva, trascinandola sotto al portico del palazzo per poi colpirla più volte con il martello. Mentre infieriva, l'arma si rompeva, ma lui continuava a colpire la vittima, prima con calci e pugni, poi lanciandole addosso una panchina in ferro, presente nell'atrio del condominio. Alcuni vicini avvertivano subito i soccorsi e le forze dell'ordine, impedendo al contempo che il giovane continuasse a infierire sulla donna.

La Polizia giunta sul posto, fermava e arrestava Padovani. La vittima, agonizzante, era ancora viva all'arrivo dei soccorsi. Purtroppo giunta in ospedale moriva,‍ troppo gravi le profonde ferite riportate alla testa e al torace. La donna sarebbe morta per un'emorragia dovuta a trauma cranico. L'esame autoptico rilevò una ventina di colpi che causarono oltre 12 fratture. ‍ Nell'interrogatorio di garanzia svoltosi il successivo 26 agosto, Padovani si avvaleva della facoltà di non rispondere. Il giudice per le indagini preliminari convalidava l'arresto e disponeva la custodia cautelare in carcere. Nell'ordinanza si sottolineava la gravità dei fatti, "attestata dall'ampia estensione temporale della condotta persecutoria, indicativa del desiderio ossessivo nutrito dall'indagato e dalla sua incapacità di accettare la cessazione della relazione". Sempre nel contenuto dell'ordinanza, è stato indicato che Padovani "era animato da un irrefrenabile delirio di gelosia e incapace sia di accettare con serenità il verificarsi di eventi avversi, sia di attivare l'ordinario sistema di freni inibitori delle proprie pulsioni aggressive". La custodia cautelare in carcere rappresentava dunque, l'unico presidio in grado di tutelare la collettività (in particolare i familiari della vittima, esposti al rischio di ritorsioni) dal ripetersi di gesti analoghi.

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