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Immagine del redattoreManuela Troilo

Sangue e Latte o l'amore delle tre melagrane tratta da fiabe italiane di Italo Calvino

Aggiornamento: 19 mar 2020

Questa fiaba me la raccontava sempre mia nonna, infatti Italo Calvino nella sua raccolta di fiabe italiane la attribuisce alla tradizione abruzzese. Con grande nostalgia l'ho riletta e ho voluto ricordarla nella mostra Narrazioni d'argilla, attraverso un trittico di tre melagrane.

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dal trittico le tre melagrane di Manuela Troilo tecnica raku in mostra a Narrazioni d'argilla

....Un giorno un figlio di Re, seduto a tavola, si ferì un dito. Una goccia di sangue rossa cadde nel suo latte.

Il figlio di Re disse allora a sua madre: “Mamma, vorrei una donna bianca come il latte e rossa come il sangue”.

La Regina rispose: “Figlio mio, chi è bianca non è rossa, e chi è rossa non è bianca. Ma vai pure alla ricerca di una donna così e ti auguro di trovarla”.

Il figlio di Re si mise in cammino. Cammina cammina, incontrò una donna: “Buongiorno ragazzo, dove stai andando?”.

Rispose il figlio di Re: “Mica lo voglio dire a te che sei donna!”.

Cammina cammina, incontrò un vecchierello: “Buongiorno ragazzo, dove stai andando?”.

Rispose il figlio di Re: “A te sì che lo dico, caro vecchietto, perché ne sai certo più di me e magari mi potrai dare una mano. Cerco una donna bianca come il latte e rossa come il sangue”.

E il vecchierello rispose: “Ragazzo mio, chi è bianca non è rossa e chi è rossa non è bianca. Però voglio donarti queste tre melagrane. Aprile e vedi un po’ cosa ne verrà fuori. Ma stai attento: aprile solo vicino a una fontana”.

Il figlio di Re ringraziò moltissimo il vecchierello e poi andò in cerca di una fontana. Quindi aprì la prima melagrana. Immaginate il suo stupore quando vide saltar fuori una bellissima ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue. Ma non ebbe il tempo di riprendersi dalla sorpresa perché subito la ragazza gridò:

“Giovanottino dalle labbra d’oro Dammi da bere, se no io mi moro”.

Il figlio del Re prese dalla fontana l’acqua nel cavo della mano e la porse alla ragazza. Purtroppo non fu abbastanza veloce e la bella fanciulla morì.

Il figlio del Re non si perse d’animo e aprì la seconda melagrana. Come la prima volta, saltò fuori una bella ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue che gridò:

“Giovanottino dalle labbra d’oro Dammi da bere, se no io mi moro”.

Nuovamente il figlio del Re portò dell’acqua alla fanciulla, ma nuovamente non fu abbastanza veloce, e la ragazza morì.

Il figlio del Re aprì infine la terza melagrana da cui saltò fuori una ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue e ancora più bella ancora delle due precedenti. Il giovane le gettò svelto dell’acqua sul viso, e la fanciulla visse.

La ragazza era nuda come l’aveva fatta sua madre e il giovane le diede il suo cappotto dicendo: “Sali su questo albero e aspettami. Io vado a cercare delle vesti per coprirti e a prendere la carrozza per portarti al mio Palazzo.”

La ragazza salì sull’albero a fianco della fontana e si mise in attesa.

Ogni giorno alla fontana andava a prendere l’acqua la Brutta Saracina. Un giorno, prendendo l’acqua in una conca, ci vide dentro riflesso il viso della ragazza in attesa sull’albero e credette che fosse invece la sua propria immagine specchiata. E così pensò:

“E dovrò io, che sono tanto bella, Andar per acqua con la concherella?”

Presa dalla rabbia, gettò la conca per terra e la mandò in mille pezzi. Poi tornò a casa dalla padrona che la sgridò dicendo: “Brutta Saracina! Che hai fatto? Ora sei senz’acqua e senza brocca! Torna subito alla fontana e non azzardarti a tornare senza acqua!”. La Brutta Saracina prese un’altra brocca e ritornò alla fontana. E qui la scena si ripetè uguale: rivide l’immagine di una bella ragazza nell’acqua e pensò: “Ah! Son proprio bella!” si disse. E poi ancora:

“E dovrò io, che sono tanto bella, Andar per acqua con la concherella?”.

Nuovamente buttò per terra la brocca che andò in mille pezzi. E nuovamente la padrona la sgridò e la rimandò alla fontana. Nuovamente la Brutta Saracina ruppe la terza brocca. Ma questa volta la ragazza sull’albero che fino ad allora era stata solo a guardare, non riuscì a trattenere una risata.

Così la Brutta Saracina alzò gli occhi e la vide. E disse: “Ah ecco di chi è la colpa! Mi avete fatto rompere tre brocche e mi avete fatto sgridare dalla padrona! Però siete davvero bella! Scendete dall’albero che io vi possa pettinare”.

La ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue non voleva scendere dall’albero, ma la Brutta Saracina insistette: “Lasciatevi pettinare e vedrete che sarete ancora più bella”.

La Brutta Saracina fece scendere la ragazza dall’albero e le sciolse i capelli. Nel farlo, si accorse che aveva sulla testa uno spillone. Senza perdere tempo, glielo ficcò in un’orecchia.

La povera ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue perse una goccia di sangue, e poi subito morì.

Ma la sua goccia di sangue cadde a terra e si trasformò in una palombella che subito volò via.

La Brutta Saracina salì sull’albero e si mise in attesa.

Finalmente tornò il figlio del Re con i vestiti e la carrozza, e come vide la Brutta Saracina, disse: “Eri bianca come il latte e rossa come il sangue; come hai fatto a diventare così nera?”.

La Brutta Saracina rispose:

“È venuto fuori il sole M’ha cambiata di colore”.

Il figlio del Re disse di nuovo: “Ma è cambiata anche la voce!”.

E la Brutta Saracina:

“È venuto fuori il vento, M’ha cambiato parlamento”.

E il figlio del Re ancora: “Ma eri così bella e ora sei così brutta!”.

E la Brutta Saracina:

“È venuta anche la brezza, M’ha cambiato la bellezza”.

Così il figlio del Re la fece salire in carrozza e la portò al suo Palazzo.

Da quel giorno la Brutta Saracina s’installò nel Palazzo, in qualità di sposa del figlio del Re.

Tutte le mattine la palombella nata dalla goccia di sangue caduta in terra, si posava sul davanzale della finestra della cucina del Palazzo e chiedeva al cuoco:

“O cuoco, cuoco della mala cucina, Che fa il Re con la Brutta Saracina?”.

E il cuoco rispondeva: “Mangia, beve e dorme”.

E la palombella:

“Zuppettella a me, Penne d’oro a te”.

Il cuoco allora dava un piatto di zuppetta alla palombella e lei, con una scrollatina, faceva cadere qualche penne d’oro per il cuoco. E poi volava via.

Ma la mattina dopo tornava:

“O cuoco, cuoco della mala cucina, Che fa il Re con la Brutta Saracina?”.

E il cuoco rispondeva: “Mangia, beve e dorme”.

E la palombella:

“Zuppettella a me, Penne d’oro a te”.

Poi lei si mangiava la zuppettella e il cuoco si prendeva le penne d’oro.

Dopo qualche tempo, il cuoco pensò che forse era meglio andare dal figlio del Re e raccontargli tutto.

Il figlio del Re ascoltato il racconto del cuoco disse: “Domani quando la palombella tornerà da te, acchiappala e poi portamela. Voglio tenerla con me”.

Ma la Brutta Saracina, nascosta dietro una porta, aveva sentito tutto, e pensò che quella palombella non prometteva nulla di buono.

Così, quando l’indomani la bestiola tornò a posarsi sul davanzale della finestra della cucina, la Brutta Saracina fu più svelta del cuoco. Preso uno spiedo la trafisse e l’ammazzò.

La povera palombella morì sul colpo. Ma una goccia del suo sangue cadde nel giardino, e proprio in quel punto nacque subito un alto albero di melograno.

Quest’albero di melagrane aveva una grande virtù: chi stava per morire e veniva a mangiare uno dei suoi frutti, guariva.

Così c’era sempre una gran fila di gente che andava a chiedere alla Brutta Saracina la carità di una melagrana.

Cogli un frutto oggi, cogli un frutto domani, alla fine sull’albero ci rimase una sola melagrana, la più grossa di tutte. La Brutta Saracina disse: “Questa me la voglio tenere per me”.

Ma venne al Palazzo una vecchia e chiese alla Brutta Saracina: “Mi date quella melagrana? Ho mio marito che sta per morire”.

La Brutta Saracina rispose: “Me ne resta una sola e la voglio tenere per me”. Intervenne allora il figlio del Re dicendo: “Povera vecchia, suo marito sta morendo, datele la melagrana!”.

E così la vecchia tornò a casa tutta contenta con la melagrana per guarire il marito. Ma quando arrivò a casa, il marito era già morto.

La vecchia pensò: “Terrò la melagrana per bellezza”. E la mise sul suo comò.

Tutte le mattine, questa vecchina andava alla Messa. E mentre lei era a Messa, dalla melagrana usciva la ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue.

La ragazza sistemava la casa, accendeva il fuoco, spazzava, preparava la tavola e il pranzo e poi puliva la cucina; quindi tornava a chiudersi dentro la melagrana. Quando la vecchina rincasava dalla messa, trovava tutto pulito e sistemato. E non riusciva a capire come fosse possibile.

Una mattina decise di confessarsi e in confessione raccontò tutto al prete. E il prete le disse: “Domani fate finta di andare a Messa come tutte le mattine e invece nascondetevi dietro alla porta. Così scoprirete chi è che vi sistema la casa e fa da cucina”.

La mattina dopo la vecchina fece come le aveva detto il prete e si nascose dietro la porta.

E così vide ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue uscire dalla melagrana, fare le pulizie e sistemare la cucina. Prima che la ragazza rientrasse nella melagrana, la vecchia uscì dal suo nascondiglio e le disse:

“Da dove vieni?”.

La ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue rispose: “Per favore, nonnina, non mi ammazzare, non mi ammazzare”.

E la vecchia: “Stai tranquilla, non t’ammazzo. Ma voglio sapere da dove vieni”.

“Io vivo dentro alla melagrana…” iniziò la ragazza e poi le raccontò tutta la sua storia.

La vecchina vestì la ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue da contadina, come era vestita anche lei, perché la poverina era ancora nuda come la mamma l’aveva fatta. E la domenica la portò con sé alla Messa.

Alla Messa c’era anche il figlio del Re che vide ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue e subito pensò: “O Gesù! Quella mi pare proprio la fanciulla che trovai alla fontana!”.

Così, dopo la Messa, il figlio del Re aspettò la vecchia e la fanciulla lungo la strada di casa e quando le due donne arrivarono, disse alla vecchia:

“Dimmi da dove è venuta questa fanciulla!”.

La vecchina e la ragazza spaventate gridarono: “Non ucciderci!”.

E il figlio del Re: “Non abbiate paura. Io voglio solo sapere da dove arriva la ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue”.

La vecchina rispose: “Questa fanciulla esce dalla melagrana che voi mi avete dato”.

Il figlio del Re esclamò: “Anche lei sta in una melagrana!” e poi rivolto alla ragazza: “Come mai eravate dentro una melagrana?”.

Così la ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue gli raccontò tutta la storia.

Il figlio del Re ritornò a Palazzo insieme alla ragazza. Poi chiamò la Brutta Saracina e disse alla fanciulla bianca come il latte e rossa come il sangue di raccontare nuovamente tutta la sua storia.

“Hai sentito?” disse il figlio del Re alla Brutta Saracina, quando la ragazza finì il suo racconto.

“Ma non voglio essere io a condannarti a morte. Scegli tu qual è la condanna adatta a te per quello che hai fatto”.

E la Brutta Saracina visto capì che non c’era più scampo e disse: “Fammi fare una camicia di pece e poi bruciami in mezzo alla piazza del paese”.

E così fu fatto.

Poi il figlio del Re sposò la ragazza bianca come il latte e rossa come il sangue e vissero per sempre felici e contenti.


Note sulla fiaba: L’amore delle tre melagrane (sangue e latte)

Come già detto è una fiaba di origine abruzzese inserita tra le “Fiabe Italiane” di Italo Calvino che a sua volta si ispirò a una fiaba di Giambattista Basile, contenuta nel Pentamerone "Lo cunto de li cunti”.

Il bianco del latte rappresenta l’innocenza e la purezza, mentre il rosso è la passione e la forza delle emozioni.

Il principe parte alla ricerca della donna ideale che sia “Bianca come il latte rossa come il sangue”. Ma lungo il cammino tutte le persone che incontra sono molto chiare con lui: “Chi è bianca non è rossa, chi è rossa non è bianca”.

Ma nel racconto il giovane riceve tre melagrane da cui scaturirà la fanciulla dei suoi sogni, Bianca come il latte rossa come il sangue.

La melagrana fin da tempi antichissimi, è simbolo degli amori felici, di prosperità e fertilità.

l'archetipo della fiaba è l’Eros come generatore di vita e il concetto è rafforzato dal continuo ripetersi del ciclo: morte, goccia di sangue che cade in terra, la feconda e vita che rinasce.

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